La nozione giudeo-cristiano-musulmana di “verità”

«…hai tirato in ballo 
la nozione (giudeo-cristiano-musulmana) di “verità”, e credo sia giunto il momento di chiarirti il mio punto di vista in proposito.»

di Alberto B. Mariantoni
Quella che tu chiami “verità” ed io, mettendola tra virgolette, chiamo opinione (doxa, in greco; opinio, in latino), è sempre e comunque una visione soggettiva ed arbitraria della realtà. Mi spiego: se tu ed io fossimo rinchiusi dentro una stanza di 2 metri quadrati, seduti, l’uno di fronte all’altro, e separati da un tavolo, e ti chiedessi di descrivere quello che vedi davanti a te, tu mi diresti: vedo il tavolo che ci separa; vedo te che sei seduto di fronte a me; vedo la parete che è dietro la tua schiena. Insomma, tutto ciò che ti è realmente visibile, a 180°. Se tu mi chiedessi la stessa cosa, cosa ti risponderei? Risponderei che – nel contesto dei miei effettivi 180° di visuale – vedo il tavolo che ci separa; vedo te di fronte a me; vedo la porzione di parete che è dietro le tue spalle. Tu, però, non vedi te stessa e la porzione di spazio che è dietro di te; ed io, non vedo me stesso e la porzione di spazio che è dietro le mie spalle. Insomma, entrambi manchiamo di 180° di visuale, per potere concretamente completare i 360° dell’effettiva realtà che ci circonda. In altre parole, pur essendo rinchiusi dentro un minuscolo spazio di 2 metri quadrati, stiamo osservando la stessa realtà?
  1. Sì, perché ciò che tu vedi è “vero”; e quello che io vedo è “vero”;
  1. No, perché – nonostante i 2 metri quadrati nei quali stiamo – quello che vedi tu è diverso da quello che vedo io, e viceversa.
Sia io che tu, dunque, potremmo mai pretendere di essere tassativi, perentori o categorici a proposito della realtà che ci circonda? Come lo avrai già intuito, ciò che vediamo non può mai essere (né essere considerato) la “verità” assoluta ed indiscutibile. E’ solo ed esclusivamente il nostro rispettivo punto di vista. Che cos’è un’opinione? Dal latino opinio, opinionis (opinione, parere, avviso, credenza, congettura, supposizione) – che a sua volta deriva dal verbo opinor, opinaris, opinatus (a, um) sum, opinari (opinare, congetturare, immaginare, stimare) – l’opinione non è altro che un semplice « punto di vista » o, come direbbero gli antichi Greci, una δοξα (un « parere »): cioè, « un abito mentale (abitudine, inclinazione, disposizione psicologica a un determinato comportamento) che si riduce a pensare che un’asserzione è vera, ma ammettendo che forse ci si sbaglia giudicandola tale » (André Lalande, Vocabulaire technique et critique de la philosophie, Quadrige, PUF; 4a edizione, vol. II°, Paris, 1997, pag. 717). L’opinione, dunque, « indica l’accettazione da parte del nostro io, di qualche cosa come vero, pur avendo coscienza dell’assoluta mancanza di elementi atti a garantirne il valore » (Emilio Morselli, « Dizionario di filosofia e scienze umane », Ed. Signorelli, Milano, 1977, ristampa 1988, pag. 147). Se così non fosse – così come avviene quando si è direttamente o indirettamente vittime del riflesso condizionato diffuso nel corso degli ultimi 17 secoli dalla Weltanschauung ideologico-teologica biblica – in qualsiasi scambio di vedute con terze persone, sarebbe come dire: “Io ho ragione, incominciamo la discussione”!

(archivio privato Arcathos Solis)